Drusilla Foer e misoginia transepocale

L’articolo de Il Corriere del venerdì 4 febbraio.

Amadeus aveva promesso cinque attrici eccezionali per le cinque serate di Sanremo, guarda caso uno su cinque è un uomo. Non dovrebbe neanche sorprenderci visto che gli uomini ci rubano tutto: e per primo in questo periodo, i posti a noi dedicati. In questo contesto, risulta difficile interpretare il personaggio incarnato da Gianluca Gori, Drusilla Foer, come un semplice artefatto teatrale potenzialmente innocuo.

Un articolo de Il Corriere sull’intervento di Drusilla Foer la terza serata del Festival di Sanremo riassume perfettamente la confusione tra personaggio e attore. Si scrive dell’interpretazione di Gianluca Gori aka Drusilla Foer: “le bastano pochi minuti per esibire una personalità profonda e una presenza scenica nient’affatto banale”. L’imperatore non è nudo ma travestito. L’uso del femminile per un uomo non sembra più commuovere. La donna ideata dall’uomo prende vita e ci si riferisce a lei come se fosse reale e non finzione.

Ornella Muti al Festival di Sanremo 2022.

Lo stesso articolo rende conto soprattutto della difficoltà per noi donne di ritagliarci uno spazio in TV (e oltre ovviamente). Il contrasto con le due co-conduttrici precedenti colpisce. “Poco sfruttata Ornella Muti, troppo fragile Lorena Cesarini, delle tre co-conduttrici salite all’Ariston finora è quella che senza storia, ha convinto di più”. E in effetti la sua posizione fra queste due donne che fa risaltare le ingiustizie patriarcali. Abbiamo visto in prima serata l’archetipo della donna “da sfruttare”, quelle di cui si vuole premere tutto il succo fino in fondo, si guarda se ha ancora qualcosa “da dare”, “da offrire al pubblico”. Il caso Ornella Muti, come il caso Madonna, come il caso Cher, come il caso Jane Fonda ma anche di tante, tante altre mostra quanto sia difficile trovare una sembianza di tregua dallo sguardo maschile. Al posto di dirci “Lasciatele tranquille, le avete già sfruttate da giovani”, siamo spinte a meravigliarci di fronte a donne che sono ancora “sexy” per la loro età — l’unico merito a loro riconosciuto. Brava, bella mia: se sei bella giovane, potrai diventare bella anziana! Che prospettiva per il futuro. Inaugura così il festival quest’attrice incapacitata pure nello scendere le scale, completamente disequilibrata con i trampoli che le fingono da scarpe, che richiede con un gesto della mano, totalmente indifesa e intimorita, l’aiuto di un uomo, Amadeus, per sostenerla. Lei è lì per noi, per essere guardata, commentata, ammirata o criticata: viene disabilitata.

La seconda serata inaugura un altro tipo di vulnerabilità. L’attrice Lorena Cesarini è commovente e colpisce con il suo discorso contro il razzismo ma troppa richiesta di fragilità anche lì. Mi sento voyeurista nel guardarla, non dovrei vederla in quello stato, è un momento troppo intimo. Questo non è un incontro fra donne, non è un convegno femminista, anche lei mi sembra d’un colpo troppo svestita, spogliata emozionalmente questa volta. Il ruolo paterno-pappone dell’uomo della serata, il vero conduttore, viene confermato di nuovo: Amedeus, protettore quando vuole ma anche sfruttatore quando ti vuole, viene a soccorrerla. Anche lei è disabilitata.

Lorena Cesarini al Festival di Sanremo 2022.

Gianluca Gori allora può ottenersi i favori del pubblico. È un bravo attore e pure co-conduttore, ma la sua fiducia in quel ruolo proviene precisamente dal fatto di essere un attore e non un’attrice. La sua capacità di avere la battuta pronta in qualsiasi circostanza (alla cantante Iva Zanicchi che le aveva detto che aveva “qualcosa in più”, ha risposto “Sì, sono colto”), il suo declamare un monologo senza un tremolio nella voce viene dal fatto che non parla per sé né da sé, ma dietro una maschera sotto la quale arde una fiducia tipicamente maschile.

Il personaggio Drusilla Foer rappresenta la confluenza di patriarcato primitivo e sofisticato, patriarcato tradizionale e contemporaneo. Un doppio personaggio, mischio fra “trans” e casalinga, Drusilla Foer rimanda ad un periodo rivoluto, un’epoca in cui le donne erano ancora donne, dove si vestivano per bene, perfette padrone di casa, con un tocco di eleganza e spirito intrattenevano gli ospiti. “Drusilla” è vedova, ci viene immediatamente detto: la sua nobiltà viene conferita dalle sue relazioni agli uomini, concretamente, senza un uomo non esiste neanche. È la dipendenza totale. Gianluca Gori è autonomo. Drusilla Foer un’illusione.

Gianluca Gori al Festival di Sanremo 2022.

A rivestire quest’epoca di un’aura di nostalgia è proprio la parrucca bianca di Gianluca Gori che contrasta con l’obbligo chirurgico imposto alle conduttrici ma anche alle cantanti. Il tempo si è fermato nel mondo immaginario del Gori, ma nel nostro reale ci è vietato invecchiare perché se il tempo lascia segni significa che siamo ben vive e non di cera né di plastica: si frantuma il mito di Dorian Gray, quello che ci voleva come stereotipo, fisso, indelebile, fantasmagorico. Cruciale il commento di Anna Perenna su Feminist Post che nota che “Drusilla Foer” può permettersi tante cose che noi donne non possiamo, perché appunto, non donna. Gianluca Gori sotto la maschera di Drusilla Foer si permette per esempio di prendere in giro un vestito dell’ex-conduttrice Belen Rodriguez che metteva in risalto un tatuaggio sull’inguine: come sempre, veniamo prese in giro dagli uomini per aver fatto esattamente ciò che richiedevano da noi, in questo caso di essere desiderabili.

Patriarcato tradizionale e contemporaneo dicevo, si susseguono perfettamente in questa trasmissione italianissima che ricicla gli stessi artefici da decenni con sempre la falsa sorpresa dall’udienza. Il patriarcato tradizionale che vuole la moglie casa, la “puttana” fuori (più rimandi alla prostituzione totalmente normalizzata durante il festival) e il patriarcato contemporaneo che vuole la “puttana” dentro e fuori. Il patriarcato primitivo che si rivendica tale e quale e il patriarcato sofisticato che continua di definire ciò che (chi!) dovrebbe essere una donna ma rivendicandosi femminista. Misoginia nostalgica e misoginia futura. Chi è la donna ideale, ci dicono questi patriarcati, in fin dei conti, lo sa meglio l’uomo.


Un’illustrazione perfetta dell’incontro tra patriarcato sofisticato e patriarcato primitivo durante il “Sofagate”. All’europeo Charles Michel viene un dubbio: forse, ma solo forse, avrebbe dovuto pensare alla collega. Il turco Erdogan si siede con la fiducia di chi sa di essere al proprio posto. Il patriarca sofisticato finge, ti fa credere che sei come lui, ma alla fine si comporta come il primitivo. Forse, e solo forse, è nell’inganno che il patriarcato sofisticato è peggio del primitivo.

Leave a Reply

Fill in your details below or click an icon to log in:

WordPress.com Logo

You are commenting using your WordPress.com account. Log Out /  Change )

Twitter picture

You are commenting using your Twitter account. Log Out /  Change )

Facebook photo

You are commenting using your Facebook account. Log Out /  Change )

Connecting to %s